Anche in questi giorni, si ha la conferma di quanto noi
italiani siamo un popolo di paraculo. La parola che evitiamo bene di tenere in
considerazione è: RESPONSABILITÀ.
La
riprova, laddove ce ne fosse bisogno, ci è data da quello che è ormai d'uso chiamare
'il teatrino della politica', dove - dei degni rappresentanti di questo nostro
popolo di furbacchioni - se ne guardano bene dal prendere in considerazione il motivo per
cui sono stati eletti.
Ognuno di loro è stato chiamato,
nella misura in cui ha ricevuto consenso, a contribuire al governo della 'cosa
pubblica'. Faccio notare che il compito primario NON È mandare a casa l'altro,
ma cercare di condizionarlo nella misura in cui gli elettori ti hanno dato la
'forza' di farlo.
In alcuni casi il compito sembra essere più facile. Si riesce a mettersi d'accordo e si forma una maggioranza. Spesso questa categoria viene presa dal delirio di onnipotenza. Sembra che avere il 50%+1 sia paragonabile ad incoronazioni divine e discese dello Spirito Santo, e all'insegna del 'Dio me l'ha data e guai chi me la tocca' si sfornano nomine e leggi.
In altri casi sembra
essere più difficile. L'esito elettorale è così articolato che una maggioranza
naturale non esiste. E parte il gioco del cerino, dove chi è sospettato di
cercare delle condizioni di convergenza con altri, viene additato
come 'inciuciatore'.
In
questo empasse politico, non si vede l'opportunità e non ci si assume la
conseguente responsabilità. Gli elettori non si sono sbagliati a votare. Hanno
dato un mandato preciso, fatto di sensibilità varie, tocca a chi è stato
chiamato fare sintesi.
La scorciatoia comoda del 'vi siete sbagliati, si rivota!' ha una sola conclusione: non eravate i rappresentanti di cui avevamo bisogno.
Spero tanto di sbagliarmi, perché a forza di paraculaggini non ho mai visto crescere niente.
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