La vicenda di Alex Schwazer è presto detta. Diventa olimpionico nella 50 km di marcia di Pechino 2008. Quello stesso anno si fidanza con la reginetta dei ghiacci. E gli ingredienti per la favola ci sono tutti: sport povero, ragazzo semplice come l'ambiente montanaro-rurale da dove viene, risultati che ripagano la fatica, la principessa bella ed elegante.
Gli italiani, che cercano sempre negli altri quello che non sanno essere, si rifugiano in questa immagina idilliaca e i pubblicitari cavalcano l'onda. Così ce lo ritroviamo nei passaggi pubblicitari, offerto come esempio di crescita genuina.
Cosa sia scattato nella sua testa è un mistero! Sono convinto che se gli chiedessimo: Alex ma quanto pensi che la vita sia stata generosa con te? A cuore sereno la risposta non potrebbe che essere: 'tanto!'. Ma sarà la voglia di non deludere sè stesso e le persone vicine, o di non perdere quel palcoscenico che - dopo averlo piacevolmente calcato - è difficile da abbandonare, cerca la scorciatoia del doping.
Lo beccano subito. Perchè lo fa in modo semplice. Sembra quasi un marito che lascia il numero dell'amante dove sa che la moglie lo troverà. In modo da lasciare ad altri, far partire quell'effetto valanga che tanto è ormai solo questione di tempo.
E come prima gli avevamo chiesto di essere il simbolo di quella genuinità che noi non siamo, adesso avanti con il 'dagli all'untore!'.
La dinamica è la stessa. Sia promuovendolo ad esempio, sia massacrandolo quando sbaglia, mettiamo a posto la nostro coscienza. Il chiacchericcio da bar che si genera, serve solo a proiettare su queste vicende quello che noi non accettiamo di noi stessi: siamo dei poveri cristi! Sì proprio così: sbagliamo!
E invece che accettare e 'giocare' con la nostra fallibilità, facciamo finta che non ci sia. Un po' come evitare di andare dal dottore quando fa male la pancia e poi prendersela con la malattia quando la cura invasiva diventa inevitabile.
Ormai questo mix di banalità e superficialità mi è diventato vomitevole. Lo sopporto sempre meno. Alex Schwazer ha il diritto di sbagliare. Ed è successa una cosa veramente educativa:
1. non ha gridato al complotto;
2. ha chiesto scusa;
3. ha spiegato perchè (non era tenuto a farlo, ma si è reso conto di essere un personaggio pubblico);
4. ha detto che sa che dovrà pagare le conseguenze.
Io spero che mia figlia impari proprio questo: che nella vita si può sbagliare, che non bisogna dare la colpa agli altri, che se il tuo errore ha provocato danni ad altri ci si scusa e che ci saranno delle conseguenze da sopportare. E' così semplice. Tanto semplice che è meglio che inizi io! Ah...oggi è San Zaccheo!
Nessun commento:
Posta un commento